Paninaro

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“La cultura paninara rifugge, per lo più, dalle argomentazioni prive di conclusioni certe”: la politica, il sociale, la filosofia erano argomenti che non ispiravano i discorsi dei paninari, “nelle conversazioni il dialogo è più dialettico che sostanziale”. “Il Gallo da Dio deve saper utilizzare una serie ampia di moduli espressivi immediati e divertenti”, privi di inflessioni dialettali, originali e dipanati con naturalezza “al fine di poter essere sicuri di sé e stimati dagli altri”; “il paninaro vuole avere anche l’esclusiva delle parole, ogni cosa che lo riguarda non deve essere di pubblico dominio ma appartenere ad un’élite il più possibile ristretta”. Da ciò sono nate espressioni tipiche come ''suggellare lo zillo con la slandra'' (andare in porto con una ragazza) o ''sparare un paninazzo nel gargarozzo'' (mangiare avidamente un panino). “La cultura paninara rifugge, per lo più, dalle argomentazioni prive di conclusioni certe”: la politica, il sociale, la filosofia erano argomenti che non ispiravano i discorsi dei paninari, “nelle conversazioni il dialogo è più dialettico che sostanziale”. “Il Gallo da Dio deve saper utilizzare una serie ampia di moduli espressivi immediati e divertenti”, privi di inflessioni dialettali, originali e dipanati con naturalezza “al fine di poter essere sicuri di sé e stimati dagli altri”; “il paninaro vuole avere anche l’esclusiva delle parole, ogni cosa che lo riguarda non deve essere di pubblico dominio ma appartenere ad un’élite il più possibile ristretta”. Da ciò sono nate espressioni tipiche come ''suggellare lo zillo con la slandra'' (andare in porto con una ragazza) o ''sparare un paninazzo nel gargarozzo'' (mangiare avidamente un panino).

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Negli anni 1980 l'Italia era un Paese produttivo, l'ottimismo economico era diffuso, la ricchezza (anche presunta) era ostentata vigorosamente. Milano in quel periodo era una delle capitali economiche mondiali e qui i discendenti dell’alta borghesia, dopo il silenzio e il terrore degli anni di piombo, esibivano il loro status, coltivando apparenza e banali abitudini di casta. In questo contesto nasce il Paninaro: “L’Essere si fa sempre più insostenibilmente leggero, l’habitus diviene animus, l’immagine resta lo stendardo sempre cangiante del proprio modo di vivere e pensare”.

Il paninaro è stato la più significativa incarnazione e sintesi dei valori e vizi che trionfavano in quegli anni: superficialità, consumismo, vanità, gusto per gli eccessi. Molti giovani under 20 hanno abbracciato questo modo di vivere e cavalcato “il grande bisonte del tempo che vola furioso su ali di fuoco”.

Aspetto curatissimo, abbronzatura permanente e abbigliamento griffato erano il biglietto da visita di un vero gallo. Le calzature Timberland, gli stivali Durango o Frye, le scarpe sportive Converse All Star o Vans (queste ultime portate senza lacci), i jeans Levi’s 501 o Armani (appena sopra le caviglie per mostrare le calze Burlington), la cintura El Charro, il bomber in tessuto sintetico, i giubbotti da aviatore in pelle Schott o Avirex, lo sherpa Levi’s, il piumino Moncler, la cerata Henri Lloyd, gli indumenti Stone Island, il maglione Les Copains, le felpe Best Company o American System, la polo Lacoste, le t-shirt Mistral o Ocean Pacific, gli occhiali Ray-Ban, gli orologi Swatch o Winchester, gli zainetti Invicta erano i caratteri predominanti del look di un vero paninaro. L’attrezzatura della sfitinzia includeva borse e accessori Naj-Oleari.

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“La cultura paninara rifugge, per lo più, dalle argomentazioni prive di conclusioni certe”: la politica, il sociale, la filosofia erano argomenti che non ispiravano i discorsi dei paninari, “nelle conversazioni il dialogo è più dialettico che sostanziale”. “Il Gallo da Dio deve saper utilizzare una serie ampia di moduli espressivi immediati e divertenti”, privi di inflessioni dialettali, originali e dipanati con naturalezza “al fine di poter essere sicuri di sé e stimati dagli altri”; “il paninaro vuole avere anche l’esclusiva delle parole, ogni cosa che lo riguarda non deve essere di pubblico dominio ma appartenere ad un’élite il più possibile ristretta”. Da ciò sono nate espressioni tipiche come suggellare lo zillo con la slandra (andare in porto con una ragazza) o sparare un paninazzo nel gargarozzo (mangiare avidamente un panino).

Tra i principali interessi del paninaro vi erano le canzoni di Falco, Frankie Goes to Hollywood, Simple Minds, Wham!, Pet Shop Boys, Spandau Ballet e Duran Duran (il brano Wild Boys era il suo inno), la videomusica, cuccare squinzie e girare in moto (la più apprezzata era la Zündapp KS). Leit-motiv: fregarsene di tutto e di tutti.

Il luogo più frequentato dal paninaro era chiaramente il fast food; il suo stesso nome ha preso origine dal bar milanese Al Panino (Piazza del Liberty), dove si radunavano già nel 1982 i primi galli che frequentavano prestigiosi Licei privati e trascorrevano le vacanze in località esclusive come Santa Margherita Ligure o Courmayeur (spostatisi poi al fast food Burghy di Piazza San Babila). Un casuale incontro con i Pet Shop Boys ha ispirato il gruppo pop alla realizzazione della hit Paninaro (1986).

La corrente paninara è vissuta essenzialmente nella seconda metà degli anni 1980 (spegnendosi, di fatto, nel 1989) e si è diffusa in tutta Italia soprattutto attraverso riviste specializzate e le parodie di Enzo Braschi nella trasmissione Drive In, ma alcuni costumi e modi di dire sono sopravvissuti fino ai giorni nostri, dimostrazione che tale cultura, seppur effimera e parossistica, è stata un fenomeno sociale molto importante della storia recente italiana; per capirne l'entità basta sapere che la rivista a fumetti Paninaro (pubblicata dal 1986 al 1989) ha superato le 100000 copie vendute.

La cultura paninara lascia in eredità alle mode del nuovo millennio marche come Ray-Ban, Moncler e Timberland. La stampa specialistica internazionale (in particolare GQ, Vogue, Vanity Fair, Marie Claire e The New York Times) giudica lo spirito paninaro ancora vivo e ispiratore di nuove tendenze.


Le citazioni sono del Gran gallo Davide Rossi.


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